venerdì 10 aprile 2009

Matteo Bille

Matteo Bille, mat. 264310

L’era dell’informazione: così è definito quel periodo scoccato nel momento in cui il movimento delle informazioni divenne più rapido del movimento fisico. L’effettivo exploit di questa tendenza è stimato tra il 1971 e il 1991, nonostante non tutti siano concordi. Il vero preambolo si ha quando Samuel Morse, nel 1837 crea il telegrafo, dispositivo che converte il movimento fisico (La digitazione) in impulsi elettrici. Da lì si ampliò l’interesse non solo per una più efficiente trasmissione delle informazioni, ma anche per l’elaborazione delle stesse e l’immagazzinamento, o ancor meglio per l’archiviazione. Apparve chiaro che il calcolatore elettronico era lo strumento che poteva svolgere tutti questi compiti con efficienza, ma solo con la nascita di Arpanet fu in grado di trasmettere l’informazione con velocità ed efficienza via via crescenti. E con la sua conversione ad Internet divenne di dominio globale, permettendo di condividere ogni genere di messaggio e informazione: non più un “mondo parallelo”, bensì una piattaforma d’informazione ormai essenziale per la società odierna, radicato globalmente. L’ultimo fenomeno sviluppatosi nella rete non è altro che un’ulteriore facilitazione della condivisione dei dati, qualsiasi sia la loro natura: i Social Network.

In continua crescita, e ormai in gran numero, coprono grande parte degli interessi personali ed offrono una considerevole fetta di servizi. I maggiori Social network si creano attorno a tre principali filoni: l’ambito dell’amicizia, quello amoroso, e quello professionale. Alcuni improntati su un’alta specificità contano comunque rispettabili numeri di iscritti: DeviantART (Un database di materiale artistico, digitale o meno), Flickr (Database di fotografie e video), LinkedIn (Si occupa di business, e offre possibilità di lavoro), Ning (Permette di creare il proprio social network). Altri ancora, pur dall’apparente bassa affluenza, sono dedicati a ristrette categorie di persone: ResearchGATE, dedicato ai ricercatori e all’ineluttabile loro interesse nel rapido scambio di informazioni; Reverbnation, che mette in contatto e pubblicizza gruppi musicali. I più usati sono comunque Facebook che arriva a contare di recente 200 milionidi utenti, Myspace, Habbo, Friendster, cui affluiscono diverse fasce d’età e popolari in diverse regioni del mondo. Una tecnologia che innegabilmente offre strumenti stessi anche alla professione dell’architetto, nonché all’appassionato: apre un nuovo mondo di contatti, slegati dall’ambito territoriale, e nuove possibilità professionali. La mole di informazioni che dona Internet, pari passo all’adozione di nuove tecniche e materiali in edilizia, è comunque ancora legata ad un’impronta più commerciale che qualitativa; non per questo da disdegnare, ma da gestire con la dovuta cautela e metodicità. In un mestiere poliedrico come quello dell’architetto, che, citando Gio Ponti, deve saper progettare “dal cucchiaino alla città”, l’agevolazione e la velocizzazione nel confronto con altri colleghi architetti è essenziale: non per niente il lavoro in team è sin da subito favorito nelle scuole di architettura. Lo scambio di soluzioni, di pareri, la pressoché istantanea informazione sulle novità tecnologiche o commerciali anche in settori non direttamente coinvolti nella progettazione architettonica, diventa un’allettante prospettiva per l’architetto odierno e futuro.

Nel campo pratico, ipotizzando il proliferare di architetti “itineranti”, la riduzione in dimensioni dei dispositivi per la ricezione e l’invio di informazioni pare un’ovvietà. Ma per una figura professionale che da sempre lavora in grande scala anche con i propri dati (Disegni, modelli, etc.), la cosa si fa meno ovvia, e richiederà probabilmente degli strumenti più o meno specifici, anche nel rapporto dimensionale. Con lo stesso presupposto, ovvero di un architetto privo di locazione fissa nel suo mestiere, potrebbe venir favorita la Videopresenza, un sistema di recente creazione che supera il concetto di videoconferenza, che permette di comunicare a distanza usando al contempo audio, video e testo con efficacia, tramite una presentazione che se ben sfruttata può rivelarsi accattivante oltre che funzionale: nel campo dell’architettura saper affascinare e presentare il proprio prodotto e lavoro si rivela sempre più importante.

Tuttavia, in Italia, tali nuove possibilità non sono adeguatamente supportate, tantomeno favorite. La copertura ADSL (http://it.wikipedia.org/wiki/Copertura_ADSL), ad esempio, non è garantita su tutta la superficie del paese, richiedendo questa determinati apparati e la rimozione di vecchi che sono d’intralcio, installati 20 anni fa quando la tecnologia veniva già offerta all’estero: da noi arriverà solo 10 anni più tardi. Le tecnologie wireless, così potenzialmente utili nel campo delle costruzioni, non sono favorite in Italia: mentre alcune città europee sono completamente coperte da una rete senza fili, nel nostro paese è una cosa impensabile. Qualitativamente alcune aziende non hanno nulla da invidiare ad altre di altri paesi, ma sono rari casi. Quantitativamente l’Italia pecca tantissimo, e il maggior limite è presto individuabile: le piccole e medie imprese, parte preponderante del tessuto produttivo italiano, raramente sono interessate ad investire nell’ICT (Information Comunication Technology), considerata solo un costo incapace di rendere l’azienda più competitiva; ma di fatto non hanno nemmeno le esigenze delle grandi aziende che invece proliferano nel resto del mondo. Altro freno è tacitamente imposto dallo Stato che, per far fronte al pressante problema della disoccupazione, è impossibilitato a rimodernare gli uffici pubblici: con l’innegabile vantaggio, soprattutto in velocità, dato dall’archiviazione informatica, un numero come quello attuale di dipendenti sarebbe superfluo. Si basti pensare agli uffici del catasto: il vantaggio ottenuto informatizzandoli, anche per gli architetti, sarebbe ovvio, ma troppi impiegati pubblici rimarrebbero privi di lavoro. Questi non sono resoconti dati da una pessimistica visione soggettiva di un singolo, bensì trovano riscontro in un indagine mondiale puntuale: l’Information Technology Report del World Economic Forum(WEF). Questa classifica valuta l’utilizzo e la diffusione delle tecnologie di informazione e comunicazione, proporzionato alle condizioni economiche e di sviluppo del paese in esame: l’Italia nel 2009 scende di tre posizioni rispetto al 2008, scendendo al 45° posto su un totale di 134 paesi, dietro a tutti i grandi paesi europei occidentali. E’ l’ulteriore calo a preoccupare più della posizione in sé, ma ancor più che tale piazzamento è garantito dal grandissimo numero di utenti di telefonia mobile, un dato valutato nel rapporto, altrimenti saremmo scivolati ulteriormente verso il fondo. La cultura di fondo resta comunque il problema principale: manca la propensione all’uso di molte “nuove” tecnologie, Internet in primis. E’ facile trovare figure professionalmente affermate totalmente restie alla navigazione in rete, se non completamente incapaci.



Con questo presupposto è difficile credere in uno sviluppo consistente in Italia di nuove soluzioni anche nell’edilizia e nella progettazione: la Building Automation appare lontana, e ancor più la Home Automation. Figlie della domotica, sono concetti che si propongono di ideare la “casa intelligente” per migliorare la qualità della vita nelle abitazioni e più in generale negli ambienti antropizzati: risparmio energetico, maggior sicurezza, maggior comfort, manutenzione e installazione semplificata, riduzione dei costi di gestione sono gli obbiettivi prevalenti di questa scienza interdisciplinare. Con Building Automation si intende prevalentemente l’uso di soluzioni domotiche in ambito aziendale, e trovano su questo terreno i maggiori e più immediati vantaggi in rapporto al costo: un controllo su vasta scala degli impianti di climatizzazione, elettrici, di sicurezza, etc. L’Home Automation si occupa di un ambiente più piccolo e specifico: la casa. Questo richiede delle caratteristiche particolari: semplicità, affidabilità e basso costo. L’interfaccia con cui si controlla la casa deve essere semplice e immediata, poiché l’abitazione deve essere completamente fruibile da tutti. Deve essere affidabile, e anche in caso di guasto saper segnalare il malfunzionamento e garantire un servizio minimo o parallelo che lo sostituisca. A basso costo per ovvi motivi d’estensione del prodotto. Ciò comporta una maggior attenzione del progettista per quanto riguarda l’impiantistica, che non si può ormai più considerare come una componente accessoria dell’edificio: sarà parte integrante del progetto sin da subito. Tutto ciò apre nuove possibilità nel lavoro dell’architetto: un controllo capillare e un registro puntuale dell’uso di tutti i sistemi dell’edificio garantirà una più semplice e immediata possibilità d’intervento in caso di necessità, così come un nuovo approccio alla costruzione, che per accogliere i nuovi impianti si indirizzerà sempre più nel campo del prefabbricato e della standardizzazione. Può apparire come un limite alla creatività, ma va ricordato che un architetto preferisce avere qualche sorta di limitazione al progetto a cui rispondere, piuttosto che un foglio bianco su cui sbizzarrirsi: pienamente concorde con il suo ruolo, che deve rispondere alle precise necessità di chi farò uso dell’edificio e ai vincoli del sito di costruzione. I servizi e le facilitazioni sono ad ampio spettro: dal controllo dei costi di climatizzazione e degli impianti elettrici, alla riduzione ponderata degli stessi tramite il controllo delle abitudini di chi abita l’edificio; dalla programmazione degli orari d’accensione dell’impianto di irrigazione, all’allarme automatico alle autorità in caso di emergenza (incendio, scasso, etc.); dallo spegnimento degli impianti in caso di prolungata assenza, fino alla creazione di scenari stabiliti per quanto riguarda l’illuminazione (presenza di ospiti, uso del televisore, etc.). Prese singolarmente sono funzioni relativamente semplici, ma nel complesso (si parla di sistemi distribuiti: realizzano una funzionalità complessa avvalendosi di più sottosistemi distinti fortemente interagenti tra loro, tramite reti di comunicazione sia wired che wireless) creano un sistema all’avanguardia capace di garantire quanto si propone: sicurezza, risparmio, comfort.



Fondamentale è anche il controllo a distanza dell’abitazione: il banale e romanzato dilemma “Ho chiuso il gas?” perde consistenza, quando si può interagire con la propria dimora tramite il computer portatile, il proprio palmare o addirittura tramite il telefono cellulare… E spegnere il gas (Se non lo ha già fatto la casa stessa autonomamente, altra possibilità). La tecnologia senza fili (wireless) permette cose simili, così come rende più veloce e immediato il contatto dell’architetto con chi desidera: il contatto con i responsabili di cantiere, coi committenti, con i fornitori di materiali. L’idea non è quella di una tecnologia informatica che, come molti erroneamente pensano, astrae, bensì che renda contatti in lontananza estremamente naturali e veritieri, vividi: la sola gestualità tra gli interlocutori che può assicurare una webcam è importante, la spontaneità del costruttore che mostra su schermo il problema riscontrato in cantiere, indicandolo con la mano come, con naturalezza, si fa ora essendo a pochi metri di distanza. Ma in realtà si è a migliaia di chilometri. Rendere reperibili tutti a tutti, annichilendo i limiti imposti dallo spazio: costruire un oggetto immobile, senza che il luogo diventi un intoppo.



- Francesco Bini Verona , Sauro Filippeschi, Oreste Giorgetti, Sergio Lami, Raffaele Latrofa, Bioarchitettura e certificazione energetica, Milano, Ipsoa, 2008.

- Di William Fornaciari, Carlo Brandolese, Sistemi embedded. Sviluppo hardware e software per sistemi dedicati, Addison Wesley Longman Italia, 2007.

- Nicola Sinopoli, Riccardo Cianchetti, Valeria Tatano, Dal manuale al web : cultura tecnica, informazione tecnica e produzione edilizia per il progetto di architettura, Roma, Officina, 2007.

Nessun commento:

Posta un commento