mercoledì 29 aprile 2009

Giorgia Criveller

Giorgia Criveller matricola n°264620
“Ai nostri tempi era diverso” ecco una frase che sicuramente ci è capitato di sentire più o meno frequentemente da nonni, amici o perfino genitori che, ricordando (nostalgicamente?) il loro passato si stupiscono del nostro futuro e si lasciano sfuggire un’affermazione che la maggior parte delle volte non viene ascoltata o viene sottovalutata fino al punto di diventare il solito noioso borbottio di quei “vecchi” incapaci di apprezzare e capire i bisogni di quei “giovani” sempre più aperti a nuove e fantastiche esperienze. Avete mai preso in considerazione il fatto che potrebbe essere vero? I nostri nonni sono nati in un periodo in cui non esisteva la televisione, non esistevano i telefoni cellulari, non esistevano i fax, i computer e tutte quelle tecnologie che noi oggi diamo per scontate, che utilizziamo quotidianamente come facessero parte della Terra da sempre, ma non è così; se proviamo a soffermarci con i pensieri ai “loro tempi” per qualche minuto ci renderemmo immediatamente conto che erano veramente diversi.
La tecnologia con la sua frenetica evoluzione ha cambiato completamente il modo di vivere della popolazione mondiale, ha modificato il loro modo di comunicare, di relazionarsi, di informarsi, di divertirsi, di rilassarsi, di studiare e apprendere e non solo, non c’è una sola sfera della vita umana che non abbia subito una modifica grazie (o per colpa) della rapida crescita della tecnologia e della sua ancora più rapida espansione. I due ambiti della vita che forse sono stati maggiormente influenzati dall’informatica e di cui maggiormente desidero parlare sono quella lavorativa e quella dei rapporti interpersonali.
Ricordo perfettamente le lettere che scrivevo quando ero più piccola, sia quelle decine di lettere scritte e recapitate sia quelle decine di lettere cominciate e mai inviate per pigrizia o per vergogna, ricordo anche come fosse difficile fare nuove amicizie e trovarsi a giocare senza il prezioso aiuto dei cellulari e dei loro sms; ci si chiamava al telefono fisso, ci si trovava nei soliti posti, ci si faceva presentare i ragazzi da amici in comune, tutte azioni che oggi esistono solo in parte, il cui posto è stato inevitabilmente preso dall’arrivo dei computer. Ora infatti non è più così, le nuove conoscenze avvengono ormai per la maggior parte in internet, attraverso l’utilizzo di chat e social network con cui siamo collegati ai nostri amici in ogni momento e non solo ai nostri amici ma a tutto il mondo di utenti che si collegano insieme a te. Il fenomeno dei social network, nato da poco, sta diventando rapidamente una parte fondamentale della nostra giornata e al momento ne esistono di tutti i generi, da “facebook” nato per mantenere i contatti con i tuoi amici a “badoo”, da “Anobii” utilizzato per ottenere consigli sui libri letti da altri utenti a “cafemom” utilizzato dalle madri che chiacchierano dei loro figli e si danno consigli su come crescerli, e moltissimi altri. Molti danno la possibilità agli utenti iscritti di pubblicare il loro curriculum vitae, di presentare le loro esperienze lavorative al fine di ottenere offerte più o meno vantaggiose("http://en.wikipedia.org/wiki/list_of_social_networking_websites" ). I social network diventano così uno strumento molto potente per capire i gusti delle persone, i loro pensieri, le loro reazioni ad un certo tipo di stimolo piuttosto che ad un altro, grazie all’adesione di più o meno utenti ad un gruppo di facebook, per esempio, si possono trarre molte informazioni su quale sia l’idea o l’opinione più diffusa al momento riguardo quel tema specifico; non a caso spesso sentiamo parlare di questo fenomeno e spesso sentiamo parlare di notizie tratte da questo social, nate come chiacchiera o come divertente passatempo me che poi diventano rilevanti.
La veloce visione di questo tipo di fenomeno ci permette di allargare la nostra analisi a tutti quei tipi di tecnologie che stanno modificando profondamente la professione che farà inevitabilmente parte del nostro futuro: l’architettura.
Con il termine “architettura” si intende l’arte di formare, attraverso mezzi tecnico-costruttivi, spazi fruibili ai fini dei bisogni umani: edifici, autostrade, ponti o altre opere di ingegneria, giardini e anche monumenti, considerati nella loro funzione spaziale; l’architetto viene quindi chiamato a prevedere, progettando, spazi che siano in grado di essere vissuti dall’uomo, uomo che assume il ruolo fondamentale di unità di misura di queste opere. In questo senso si sono mossi gli studi del passato, studi che hanno sempre cercato di captare e definire lo spazio umano nel modo più preciso possibile cercando di trasportarlo nella realtà attraverso architetture sempre più funzionali e affascinanti allo stesso tempo. Questi temi fondamentali non caratterizzano più le ricerche del presente e soprattutto del futuro, all’architettura fatta di muri, di solai e di soglie esistenti si sta lentamente affiancando un nuovo tipo di architettura che porta al suo interno una nuova concezione dello spazio, uno spazio sensibile in grado di interagire con il suo fruitore, uno spazio attivo, luogo di tensioni attrazioni, interazioni (http://architettura.supereva.com/interview/).
A formulare la prima ipotesi della possibilità di ottenere un nuovo tipo di spazio è Myron Krueger che immagina l’elaboratore come il centro di un sistema, il “cuore di una rete di intelligenza e sensibilità distribuita” , rete la cui collocazione spaziale deve essere progettata, perché soltanto così “essa potrà dare vita all’inerzia dello spazio”, dovranno quindi essere progettate, oltre agli spazi già esistenti come la zona notte e la zona giorno, zone di interfaccia, zone sensibili dove comunicare con questo nuovo cuore informatico. Sicuramente è questo l’ambito in cui si sta muovendo la ricerca in questo periodo, continuamente tesa a plasmare uno spazio capace di reagire a tutti i segnali dell’uomo, anche quelli involontari e impercettibili come il battito cardiaco o la respirazione, abitazioni in grado di percepire l’uomo che sta al suo interno e decidere se è un estraneo, abitazione in grado di monitorare dal punto di vista medico i suoi abitanti facendo costantemente attenzione agli impulsi emessi, alla loro frequenza e intensità, e via dicendo (significativa la tecnologia del biomouse, un mouse che contiene un biosensore capace di individuare sintomi di stress, e che si basa sul controllo e la modifica dell’ampiezza dei segnali elettrici emessi dai muscoli e dal cervello ( http://punto-informatico.it/2175844/Gadget/News/biomouse-ipnotizzati.aspx ) , questi principi potrebbero benissimo essere utilizzati per altri scopi all’interno di un edificio, come l’apertura di una porta, ecc..). Questo ambito di ricerca potrebbe sembrare fantascientifico agli occhi di molti ma non lo è affatto, basta fare attenzione alla diffusione che ha avuto e che ancora ha un fenomeno come quello di “second life” , un social network che rappresenta una realtà parallela alla vita reale, dove attraverso la creazione di un avatar ogni utente può crearsi la vita che desidera anche completamene diversa da quella reale. In questo nuovo mondo trova una sua collocazione anche l’architettura, architettura che si muove all’interno di questo social in due direzioni: la prima è quella che vede l’utilizzo di questo spazio virtuale come la piattaforma di gioco per sperimentazioni di diverso genere (può essere usato anche per avere set a basso costo); la seconda invece è quella che interviene direttamente in questo mondo senza ricollegarsi necessariamente a quello reale, esistono infatti architetti che progettano ambienti in second life per clienti esterni, questo è reso possibile dal fatto che esiste in questo social un’economia monetaria che sancisce servizi e contrattazioni.
Le applicazioni di cui abbiamo parlato si riferiscono ad un ambito che, come quello della domotica, non fa ancora parte dell’architettura che ci viene insegnata, anche se la conoscenza dell’informatica come supporto grafico è ormai richiesta a tutte quelle persone che intendono diventare architetti. Ogni giorno ci confrontiamo con un utilizzo diverso dal computer, un utilizzo che, viste le possibili applicazioni, minimizza le potenzialità di questa tecnologia ma che ci permette di analizzare la sua importanza partendo da esperienze che tutti noi abbiamo vissuto: l’utilizzo del CAD e di tutti quei programmi che hanno la funzione di modellare lo spazio tridimensionale. Il maggior numero di professionisti contemporanei utilizzano il computer come calcolatore e modellatore di forme sempre più complesse e difficili da gestire (http://architettura.supereva.com/coffeebreak/20031022/index.htm) , forme che però cercano un loro posto all’interno dello spazio reale, esistente, quello spazio che sarà sempre presente come fondamentale punto di partenza dell’architettura e che verrà solo affiancato da quello virtuale. In questo senso si muove un’evoluzione diversa dell’architettura, più naturale e meno estrema della precedente, un’evoluzione che comprende tutti i futuri professionisti e che già da oggi assume un’importanza fondamentale; in questa direzione la presenza dell’informatica si configura come un supporto necessario alla mente umana, assume la funzione marginale di calcolatore e di fonte per la ricerca di informazioni veloci ed esaustive, non diventa interattivo. Il progetto che maggiormente esemplifica un utilizzo ad alto livello di questa tecnologia è sicuramente il progetto che prende il nome di “ greenprefab” (http://www.greenprefab.com/) che si propone di seguire e controllare ogni fase del progetto con l’aiuto dell’informatica. Si viene così a proporre inevitabilmente il problema del controllo della libertà espressiva consentita dal disegno digitale, il rischio infatti è quello che le librerie dei materiali campionati, i codici cromatici standard, le modalità di aggregazioni dei componenti nelle confezioni accattivanti dei software di facile uso provochino una paralisi progressiva nella ricerca di soluzioni nuove ed originali che caratterizzano le opere architettoniche autentiche. E’ l’uomo anche in questo caso a dover restare soggetto ed oggetto del progetto architettonico, oggetto in quanto lo spazio deve continuare ad evolversi in funzione delle sue necessità (al contrari di quello che avviene talvolta nell’architettura digitale che rischia di risolversi nella ricerca di una forma fine a se stessa, forma che vuole stupire l’osservatore ma che rischia di perdere funzionalità e quindi senso), soggetto in quanto deve essere la mente umana l’unità centrale del progetto a cui il computer dovrebbe fornire espansioni di memoria, processori di calcolo e tecnologie grafiche, senza tuttavia contendergli il primato delle decisioni. Assume una grande importanza la velocità e l’estrema facilità con cui, grazie al computer, si possa comunicare con ogni parte del mondo e scambiarsi così informazioni; si sta infatti realizzando quell’ideale lavoro di gruppo che porterà senza dubbio ad una diminuzione dei tempi di progettazione e di realizzazione dell’opera architettonica che oggi sono infiniti e comportano l’impossibilità di prevedere con assoluta certezza il costo effettivo del progetto. Questa potenzialità dell’informatica permette infatti che un progetto possa avere inizio in uno studio ubicato in una città, possa essere successivamente ripreso e ridiscusso in un’ altra, continuato in una terza e magari portato a termine in una quarta. Il progetto viene completamente sciolto dal luogo effettivo in cui si trova lo studio del progettista o l’azienda del produttore dei diversi elementi (cosa che già avviene attraverso i siti internet dove i progettisti mostrano le loro realizzazioni e si presentano ad un nuovo tipo di clientela (http://www.crivellercompany.com/)), i contatti tra i molteplici attori di questo processo comunicano in tempo reale senza perdere tempo a spostarsi fisicamente da un luogo all’altro. Anche la ricerca del professionista da parte del cliente si uniformerà sempre di più a questa comoda tecnologia, questo infatti potrà consultare direttamente da casa tramite internet i siti dei diversi progettisti disponibili, i commenti che altri clienti avranno precedentemente pubblicato, immagini di lavori già eseguiti e indirizzi mail con cui contattarli.
Non resta dunque alcun dubbio sul fatto che la cultura digitale farà parte e in certi casi arriverà a corrispondere con il futuro dall’architettura, modificando inevitabilmente gli scenari conosciuti, è sciocco infatti pensare al possibile ritorno ad uno spazio solo reale senza la presenza di quello virtuale, tanto quanto pensare il futuro solo in termini virtuali, cercando di eliminare quel corpo di cui nessuna conoscenza può fare a meno.





Bibliografia cartacea:
-Enciclopedia italiana Treccani.
-Ottagono (n° 218 marzo 2009).
-“Architettura e cultura digitale” a cura di Livio Sacchi e Maurizio Unali.

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